Ci sono momenti in cui si hanno delle rivelazioni che cambiano la vita e da quel momento in poi capita di dirsi stupefatti “ma come facevo prima?” Sono quei momenti di svolta e crescita (belli o brutti eh) che permettono di riconsiderare il proprio rapporto con la patologia. Spesso sono precise tappe del personale percorso di accettazione della malattia. Può essere interessante, ripensando alla propria storia personale, provare a riconoscere questi momenti e dar loro il giusto valore.
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Nel mio percorso personale di “crescita” insieme al diabete ci sono stati due momenti chiave secondo me, il primo è stato la decisione di correre la maratona di Roma nel 2009; il secondo è stata la scoperta che non ero l’unico al mondo ad avere il diabete… il fatto che esistessero altri diabetici era per me una nozione totalmente teorica, priva di consistenza, come il fatto di sapere che nel mondo si sono un miliardo di cinesi. Quando il mio diabetologo mi propose di partecipare agli incontri di AGAD, una associazione di pazienti che andava formandosi proprio in quel periodo, il mio atteggiamento fu molto guardingo, mi chiedevo in cuor mio cosa avessi mai a che spartire io con questa gente “malata”…la fortuna o la lungimiranza della dottoressa che seguiva tutti, fecero in realtà il miracolo; scoprii gente giovane e piena di vita (un altro segreto, i diabetici non sono tutti grassi e tristi…) con la quale potevo finalmente aprirmi e confrontarmi senza reticenze riguardo un aspetto fondamentale della mia vita; scoprii che con quei “malati” avevo in realtà in comune molto, moltissimo e che con loro potevo costruire un modo nuovo di vivere la mia quotidiana lotta con il diabete. Ho iniziato a correre insieme ad alcuni di loro, con altri ad andare in montagna, con tutti a imparare a gestire l’attività sportiva, come avere la meglio sul sushi, sugli aperitivi col doppio gin tonic e sulla maledetta pizza… Ho trovato amici veri e un senso nuovo nel vivere positivamente il rapporto con il diabete, anche come parte di una comunità di persone che possono accogliere e ispirare chi sta vivendo il suo esordio con la malattia o chi ancora fatica a trovare il modo per convivere con essa. Enrico