Nel gergo comune il diabete è per antonomasia la malattia della rinuncia, ma fortunatamente negli ultimi anni si sta facendo strada finalmente l’idea che il diabete sia la malattia che meglio si cura con la consapevolezza di sè e più si allarga il bagaglio di conoscenze ed esperienze del paziente più si riducono gli ambiti in cui è necessario dire No! Non si parla solo di cibo ma anche di esperienze, sport, lavoro, viaggi... sentite di avere un limite o i limiti si possono superare?
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Negli anni 90, all’epoca del mio esordio, la terapia era ancora molto basata sulla “rinuncia” ed in generale, la percezione che si aveva del diabete era molto legata all’idea che per avere un buon compenso si dovesse fare una “vita di stenti”, niente dolci, niente pizza, niente alcolici ecc ecc… la prima reazione, soprattutto in una persona giovane “affamata di vita” e di esperienze è di “fingere che non sia successo niente” e magari “inventarsi” una vita regolare sono all’approssimarsi delle temutissime “visite di controllo”, capita così che il diabetologo diventi inconsapevolmente più un nemico o un temuto esaminatore, da convincere della propria capacità di gestione della terapia e del compenso; col tempo ha prevalso l’idea che il diabete fosse un ospite scomodo che non poteva essere ignorato quindi ho iniziato a sfidarlo ad inventarmi delle situazioni in cui potessi trovarmi faccia a faccia con lui. Situazioni per me nuove in cui non fosse possibile fare un confronto con la mia vita di prima; è stato così che mi sono avvicinato alla corsa ed alla maratona in particolare, ho corso la prima nel 2009, all’epoca non facevo ancora parte di AGAD, e non ero in contatto con alcuna realtà associativa, quindi non ebbi la possibilità di confrontarmi con nessuno che avesse già incontrato le difficoltà che io incontravo ogni giorno durante gli allenamenti. E’ stata per me un’esperienza molto importante, mi ha obbligato per la prima volta a trattare il mio corpo con il rispetto che merita a conoscerlo a comprenderne le reazioni e i bisogni, in tutto questo il diabete è stato una guida e uno stimolo più che un ostacolo; anche se questo l’ho compreso molto tempo dopo; senza lo stimolo dettato dalla mia sfida personale con il diabete, probabilmente non avrei mai trovato la costanza necessaria per affrontare una preparazione lunga e faticosa come quella che richiede la maratona, così come non avrei imparato ad interpretare i segnali che il corpo in ogni situazione ci manda. Imparare a convivere con il diabete è soprattutto un grande esercizio di consapevolezza e di conoscenza di se e questo è senza dubbio un grande regalo che il diabete mi ha fatto, con il tempo e l’esperienza mi ha permesso di affrontare le mie sfide personali, nella corsa, in montagna e nella vita di tutti i giorni con maggiore consapevolezza. In definitiva non trovo cose importanti nella mia vita alle quali ho dovuto rinunciare per colpa del diabete, e sicuramente sono molte di più le esperienze che mi hanno fatto crescere e che ho fatto grazie al diabete. Enrico