A volte ci si imbatte in una "storia di diabete" guardando un film o leggendo un libro, un fumetto. Soprattutto in passato l'argomento diabete era spesso trattato in maniera abbozzata e il protagonista diabetico rappresentato in maniera così grottesca e stereotipata da far rabbrividire noi "esperti"! Ci sono però anche casi in cui il diabete viene trattato con delicatezza e normalità. Vi è capitato? VAI CON LE RECENSIONI dei meglio (e peggio) personaggi diabetici della storia!
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Marco Zenone e un autore esordiente che nel suo primo libro "NON TI VOGLIO" tratta il tema del diabete con sensibilità e ironia
La lettura scorre piacevole e non di rado ci si ritrova a sorridere delle vicende del protagonista Enzo e della sua sgangherata cricca di amici oltre a commuoversi per le sue fragilità che con tanta delicatezza vengono raccontate mentre si sviluppa la storia d'amore con la bella Arianna
Non ti voglio https://amzn.eu/d/9MeLww8
Purple Hearts è un film da poco disponibile su Netflix nel quale il Diabete ha un ruolo importante nella costruzione della storia.
Come molto spesso accade nei film in cui si parla di Diabete la malattia è utilizzata dagli sceneggiatori per aggiungere drammaticità alla trama e dare al personaggio una certa "immagine" di vulnerabilità. Nel complesso però la narrazione è coerente, anche nella descrizione degli effetti "acuti" della malattia e nel discrivere un sistema sanitario, come quello americano nel quale oggettivamente esistono gravi lacune nella garanzia del diritto alla salute.
Se vi interessa una recensione più "dettagliata" la trovate nel link a www.dbl-diabete.it qui allegato
se evete figlie adolescenti vi consiglio una serie visibile su Netflix che ha appassionato mia figlia e, incidentalmete, ci ha permesso di parlare un pò di diabete... una delle protagoniste ne è affetta e il tema è trattato, secondo me, con molta delicatezza e una sana "normalità".
vi lascio anche il link di una recensione più autorevole della mia... in quanto fatta da una mamma ;-)
Francesco Piccolo, scrittore e sceneggiatore pluri premiato, che se non sbaglio, vinse il premio Strega proprio con questo romanzo “L’animale che mi porto dentro” , Einaudi, Torino, 2018, dedicica un intero capitolo a descrivede l'incontro sentimentale "occasionale" del protagonista con una donna diabetica: il nocciolo dell'episodio non stà tanto nell'ipoglicemia che coglie la donna durante l'amplesso, quanto nella descrizione della paura del protagonista di fronte ad una situazione di cui non conosce nulla
Estratto da “Il vento non sa leggere” Frassinelli, Torino, 1952
« Occorre un alito di simpatia per la comprensione. Feci dietro-front e tornai all'ufficio del signor Headley, e tutto quel caos polveroso ebbe un amichevole e familiare aspetto inglese.
Da dietro la sua scrivania il signor Headley mi chiamò come fossi un visitatore abituale.
- Avanti, avanti, - disse. - Non sembra molto accaldato. - Fa caldissimo, fuori, - dissi io.
- Mi scusi, disse. - Io sono uno di quegli stupidi che dicono sempre la parola sbagliata.
Vidi che teneva in mano una siringa, e che spingeva l'ago attraverso il coperchio di gomma d'una boccetta.
- E' una cosa meravigliosa, l'insulina, - disse - Sono ventidue anni che mi tiene in vita. Quanti anni mi dà?
- E' difficile dirlo, - dissi -, Cinquanta o cinquantacinque, forse.
- Sessanta. E sempre stato bene, mai niente. E tutto per merito dell'insulina.
- Splendido, - dissi. - Guardi qui.
Si sbottonò la camicia e strinse tra le dita un po' di carne. Era un ometto piccolo e nervoso, e pelosissimo.
- Guardi - disse, e si alzò una gamba dei calzoncini kaki, - Guardai la sua coscia.
- Neanche un segno! - disse. - E mi punzecchio due volte al giorno da ventidue anni. Ogni giorno in un posto diverso, questo è il segreto. Lo sa quanto mi ci vuole per fare il giro del mio corpo?
- Non ne ho la minima idea. - Otto mesi. Guardi.
Affondò l'ago nella carne della gamba e cominciò a iniettare il liquido. - Non la vedrà nemmeno, la puntura. Non ho usato questo posto dal febbraio scorso, e non lo userò più fino al giugno venturo. E adesso, - disse, sempre continuando a schiacciare, - si sieda e mi dica che è.
- Mi chiamo Michael Quinn - dissi.
- Quinn? - ripeté lui. - Non ho mai conosciuto nessuno con questo nome. Che cosa è? Non m'intendo di uniformi.
- Aviazione, - dissi.
- Bene, - disse, - Resti a colazione, se si accontenta di quello che c'è. Tra dieci minuti ci mettiamo a tavola. Devo stare all'orario, capisce? perché sono diabetico. Come mai è venuto a trovarmi?»
Richard Mason
Estratto da “La tregua” Einaudi, Torino, 1962
Avevo camminato per ore nell’aria meravigliosa del mattino, aspirandola come una medicina fino in fondo ai miei polmoni malconci. Non ero molto solido sulle gambe, ma sentivo un bisogno imperioso di riprendere possesso del mio corpo, di ristabilire il contatto, rotto da ormai quasi due anni, con gli alberi e con l’erba, con la terra pesante e bruna in cui si sentivano fremere i semi, con l’oceano d’aria che convogliava il polline degli abeti, onda su onda, dai Carpazi fino alle vie nere della città mineraria. Cosí facevo da una settimana, esplorando i dintorni di Katowice. Mi correva nelle vene la dolce debolezza della convalescenza. Mi correvano nelle vene, in quei giorni, anche energiche dosi di insulina, che mi era stata prescritta, trovata, comperata e iniettata per le cure concordi di Leonardo e di Gottlieb. Mentre camminavo, l’insulina compiva in silenzio il suo ufficio prodigioso: girava col sangue in caccia di zucchero, e ne curava la diligente combustione e conversione in energia, distogliendolo da altri meno propri destini.
Ma lo zucchero che trovava non era molto: a un tratto, drammaticamente, press’a poco sempre alla stessa ora, le scorte si esaurivano: allora le gambe mi si piegavano sotto, vedevo tutto farsi nero, ed ero costretto a sedermi a terra dove mi trovavo, gelato e sopraffatto da un attacco di fame furiosa. Qui soccorrevano le opere e i doni della mia terza protettrice, Marja Fjodorovna Prima: cavavo di tasca un pacchetto di glucosio e lo trangugiavo con ingordigia. Dopo pochi minuti, la luce ritornava, il sole si rifaceva caldo, e potevo riprendere il cammino Primo Levi